Blondie - biografia
Deborah Harry, già trascurabile cantante rock alla fine degli anni ‘60 (interpreta un brano nell’album folk Wind in the willows del 1968) ed anonima commessa e manicure (prima che il suo corpo venisse scoperto da Playboy) compie il primo salto di qualità quando è assunta come cameriera nel club Max’s. Qui treccia alcune amicizie importanti che nel 1973 la portano a fronteggiare una band formata da Fred “Sonic” Smith (MC5) e Chris Stein.Questi, nel 1975, decide di costruirle un gruppo intorno e nascono così i Blondie. Coinvolta nelle follie notturne che si svolgono presso il celebre locale Studio 54, grazie alla sua immagine da “Marylin Monroe in versione punk” ed al pop coinvolgente della sua banda, Debbie Harry diventa velocemente la nuova icona da venerare nel periodo New Wave. Le fresche melodie di X offender (Private Stock, 1976) e soprattutto l’innata sensualità della ballata In The Flesh (Private Stock, 1976) trasformano la curiosità estetica in interesse musicale. Il primo album, (Blondie, Private Stock, 1976), sulla scorta di due singoli vincenti diventa colonna sonora di un’epoca: il sound - un astuto compromesso, troppo rifinito per essere definito Punk e troppo irruente per essere catalogato come Pop - fa strage di vendite. L’idea di Stein e del tastierista Jimmy Destri è quella di plasmare un nuovo genere, una sorta di disco-music per punks che mischia il mal de vivre dei nuovi maledetti con la necessità di far ballare chi frequenta le discoteche, un melange tra garage e dance music che si catalizza in una cantante dotata d’indubbia carica erotica. Dopo Plastic Letters (Chrysalis, 1977), che piazza i mega-singoli Denis, Kidnapper e Presence Dear, i Blondie sfondano letteralmente negli States con Parallel Lines (Chrysalis, 1978). Le charts vacillano sotto i colpi di Heart Of Glass, mentre Hanging On The Telephone, Sunday Grl e I'm Gonna Love You Too impongono il mito della nuova femme fatale. Il successo internazionale arride nel 1979 attraverso i brani Dreaming ed Atomic, impreziositi da un organo psichedelico, interpretati con la foga naif delle girl-bands stile anni sessanta, resi scintillanti da una produzione laccata e pervasi dal fatalismo consono alla blank generation. Sono queste le basi su cui si fonda Eat To The Beat (Chrysalis, 1979), le cui Union City Blue e Shayla non fanno che confermare un successo inarrestabile. Nei due anni successivi i Blondie si limitano a ripetere la formula che li ha resi famosi, dapprima con Rapture, tratto dal loro album più particolare, l’ambizioso, Autoamerican (Chrysalis, 1980) e poi con lo storico singolo Call Me, prodotto da Giorgio Moroder. Nel 1981 Debbie Harry decide di giocarsi la carta da solista pubblicando il suo primo album, Koo Koo (Chrysalis, 1981) e la saga dei Blondie, passata la sbornia delle “Saturday nights”, si conclude mestamente con l’interlocutorio Hunter (Chrysalis, 1982).Il decennio che segue è da triste viale del tramonto. Stein ha un infarto e si defila dalle scene mentre la Harry cerca, da un lato d’imporsi - fallendo - in film di secondo piano e dall’altro di confermarsi come chanteuse attraverso vari album che contengono qualche gemma ed iinumerevoli riempitivi: Rockbird (Geffen, 1986, con le belle French Kissing e I Want You), Def Dumb & Blonde (Chrysalis, 1989, con gli hits I Want That Man e Maybe For Sure) e Debravation (Sire, 1993). Sul finire degli anni ‘90 Stein, Destri e la Harry (contornati dal solito stuolo di turnisti) decidono di riformare i Blondie.Il risultato del nuovo sodalizio è No Exit (Beyond/BMG, 1999), album maturo realizzato da un gruppo ormai assai smaliziato. Questa volta l’hit planetario è il singalong di Maria, ma convince anche il restante materiale: Forgive And Forget è wave ottantiana d’autore, Double Take è l’usuale ballata arrangiata con innegabile classe, Nothing Is Real But The Girl richiama il groove di bands contemporanee come No Doubt e Garbage che loro stessi hanno contribuito ad influenzare. Episodio a sé stante è The Dream’s Lost On Me, folk song d’annata. Deborah Harry, smessi i panni della “coniglietta” si dimostra interprete competente e dall’intramontabile fascino. I rinati Blondie si confermano col seguente The Curse (Beyond, 2003) che, però, non contiene un vero brano spacca-classifiche.
© CM 2006
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